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Lucio Chiurulla Solids a cura di Andrea Baffoni

29 agosto - 3 ottobre 2010

“Vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa significa questo elemento”!

Con questa domanda Lucio Chiurulla mi introduceva al “mistero” creativo da cui si sente spinto nel difficile e faticoso mestiere della scultura. “Questo elemento” era riferito all’oggetto ovoidale, “morbido”, che vediamo nelle sue recenti opere, in apparente contrasto con il resto della composizione scultorea caratterizzata da forme geometriche perfettamente squadrate: parallelepipedi che si sovrappongono e si incontrano in un gioco continuo di relazioni strutturali attinenti quasi più all’architettura che non alla scultura vera e propria.

Eppure la coerenza di Chiurulla risiede proprio in questo contrasto che si connota come la cifra stilistica di tutta la sua ricerca estetica. Partito da esperienze figurative, infatti, egli si rivolge sul finire degli anni novanta a forme astratte, morbide e levigate dove emerge prepotentemente la forza dell’artista che “lottando” contro la materia marmorea, dura e compatta, da vita a forme di una sinuosità plastica – quasi gommosa – capace di abbattere la pesantezza minerale, trasformando alchemicamente ciò che era solido in qualcosa di apparentemente morbido. Un atteggiamento comune a molti scultori quello di imporre la propria energia alla materia: trasformare il solido in morbido o viceversa; dimostrare che la propria volontà ed energia può scardinare il normale ordine delle cose; piegare il tempo e lo spazio dando vita ad un oggetto che poco prima era morto.

Il ciclo di nuove opere che Chiurulla presenta in questa mostra di Palazzo Morelli segna non solo un’ulteriore tappa del proprio cammino artistico, ma anche una vera e propria nuova vita perché, abbandonate tali forme sinuose, la sua attenzione si rivolge adesso a qualcosa di apparentemente contrario, orientato verso strutture regolari e rigorosamente geometriche. Una sorta di richiamo alla cultura neoplastica letta attraverso lo spirito di uno scultore contemporaneo cui, tuttavia, non basta ricercare la purezza della forma. Già nel corso degli anni venti, infatti, artisti come Piet Mondrian, Theo Van Doesburg, e tutta la corrente che attorno a loro è rimasta alla storia con il nome di Neoplasticismo, decideva di abbandonare ogni possibile richiamo alla figura per rivolgersi ad un astrattismo in cui tutto era ridotto alla ricerca di volumi e forme essenziali come parallelepipedi, cubi e quadrati. Non più forme appuntite, cerchi, spirali o quant’altro potesse in qualche modo evocare strade che non fossero quelle della purezza assoluta, e quasi ossessiva, della forma intesa nella sua essenza.

È ciò che si vede oggi nelle sculture di Chiurulla.

Ma la storia è storia e serve a noi per imparare, non copiare ed egli, infatti, parla in questi termini neoplastici di forme pure che si muovono nello spazio in volumetrie essenziali: parallelepipedi “pesanti” che vivono incontri e fusioni inattese grazie alle quali dalla loro grezza condizione di blocco entrano orgogliosamente nell’Empireo della scultura; ma giungendo ad un nuovo traguardo. “Posseduto” da quello spirito di competizione che lo vede contrapporsi alla materia minerale Chiurulla recupera ancora una volta l’attitudine a tramutare la rigidità in morbidezza mettendo – non sempre, ma il più delle volte – tra i blocchi squadrati l’“oggetto” ovoidale di cui parlavamo. E schiacciandolo e comprimendolo lo rende in apparenza morbido.

Nascono in questo modo opere come Sospensione o Fuga, dove levigati e regolari blocchi di pietra si adagiano su tale elemento sferico determinandone uno spanciamento proprio come quando comprimiamo una pallina di gomma. Un gioco dialettico portato avanti dall’artista quasi fosse un modo come un altro per divertirsi e far divertire gli spettatori, ma in cui, a mio avviso, è nascosto uno dei segreti della scultura – intesa in senso michelangiolesco di lotta contro il blocco con martello e scalpello, sostituiti oggi da frullini e frese. Un segreto che si cela proprio nel rapporto fra la solidità, che è caratteristica della pietra, e ricerca di morbidezza, che è invece ossessione dello scultore. E Chiurulla sembra, infatti, operare con la stessa ossessività di Canova, alla costante ricerca di quella perfezione assoluta capace di dare al marmo la morbidezza della carne, ma finalmente libero dal problema della rappresentazione egli, al contrario dello scultore neoclassico, svela l’intimo segreto di questa arte, tanto antica quanto nobile, proprio mettendo in relazione elementi di opposta fattezza. Una continua tensione tra rigidità e morbidezza; una costante lotta tra scultore e pietra; una battaglia tra volontà e materia che perdurerà fino a quando l’uomo avrà la forza di respirare e di gridare all’universo di essere ancora vivo.

Non a caso l’uovo è l’elemento da cui ha origine la vita.

Andrea Baffoni, Perugia, luglio 2010